Una crepa improvvisa e l’inizio di un viaggio dentro se stessi
L’attacco di panico: il male del nostro tempo
L’attacco di panico è il simbolo del male del nostro tempo ed è un malessere che sembra comparire dal nulla. Lo può provare chiunque, anche chi fino a poco tempo prima poteva sentire di essere una persona realizzata, dalla vita serena e soddisfacente.
L’essenza dell’esperienza di chi prova un attacco di panico è l’indicibilità, perché è difficile da definire e da spiegare. Lo si impara a conoscere nel tempo, ma la prima volta che compare è disarmante. <<Credevo di avere un infarto!>>, oppure <<Mi sembrava di impazzire!>> sono frasi tipiche di chi ha vissuto quest’esperienza di ansia acuta e alienante.
Un imminente senso di catastrofe
L’attacco di panico fa tremare il tuo mondo. Chi ha avuto un attacco di panico potrà raccontarvi che un giorno all’improvviso ha sentito di sprofondare in un’angoscia profonda, dove la realtà ha cambiato forma. Anche se si è circondati di tante persone, picchi di terrore si mescolano a una solitudine senza speranza, dove si annaspa alla ricerca disperata di una persona che ci conferisca sicurezza.
Dentro la persona è la fine del mondo, anche se fuori tutto scorre come sempre. Il sistema nervoso simpatico si iper-attiva e si cominciano ad avvertire sintomi di varia natura: si inizia a tremare, a sudare, il cuore batte a mille, può comparire la sensazione di dover svenire.
Una crepa nella propria sicurezza esistenziale
Ecco comparire improvvisamente una crepa che rompe quel senso di sicurezza esistenziale che fino a quel momento credevamo ci appartenesse. E’ come se all’improvviso il pavimento si aprisse e le certezze cominciassero a vacillare. La prima volta – superata la crisi – rimane un un senso di stordimento e di smarrimento: <<Ma cosa mi è successo? Perchè?>>. Di solito, dopo la prima crisi, si entra in un circolo di paura e ripetizione. Si vive nella paura anticipatoria: <<E se succede di nuovo?>>, <<Se torna all’improvviso?>>.
Una costante insicurezza
Ha inizio un circolo vizioso fatto di costanti autolimitazioni: ci si sente sempre più insicuri, si ricorre all’evitamento di situazioni potenzialmente ansiogene e si limita al minimo il proprio raggio di azione. Si riducono le attività, sono temuti luoghi nuovi e si comincia a ricercare la presenza costante di quella persona che ci potrà aiutare. Si sceglie una persona vicina che fa da “stampella” e che costituisce un prezioso riferimento che colma il senso di smarrimento e incertezza.
Un giorno ci si guarda allo specchio e ci si scopre immersi in una paura totale: tutto è pericoloso, il mondo sta franando. La paura sta prendendo troppo spazio.
Paura: un salvavita sempre acceso
La paura di per sé è un’emozione molto utile per l’essere umano, proprio perché segnala la presenza di un pericolo. Da buon “salvavita”, scatta quando si avverte una minaccia alla propria integrità psicofisica.
Quando ci imbattiamo in un pericolo, l’amigdala – che è la parte del cervello deputata al riconoscimento del pericolo – attiva l’emozione della paura, prima ancora che possiamo essere coscienti del pericolo stesso. La corteccia cerebrale – da cui deriva la nostra consapevolezza – riceve l’informazione che è presente un pericolo e organizza una risposta alla paura.
E’ importante sapere quindi che il modo in cui tendiamo a reagire a una situazione (vivendola come un pericolo o come un elemento innocuo del mondo esterno o immaginario) dipende moltissimo dall’esperienza pregressa memorizzata nell’amigdala. L’esposizione prolungata a traumi o a situazioni di pericolo è un elemento particolarmente incisivo nel predisporre l’amigdala a un iper-allarmismo.
Dal mondo delle apparenze al mondo delle emozioni trascurate
L’attacco di panico è una frattura nell’esistenza: si rompe il “mondo delle apparenze” e si precipita con dolore nel proprio mondo interiore trascurato. Emerge d’un tratto il bisogno di relazioni profonde, il bisogno di coinvolgersi con l’altro, di fidarsi dell’altro.
Emergono vissuti di fragilità mai esplorati e sentiti prima. Nasce, impellente, il bisogno di essere sostenuti. Compaiono bisogni e insicurezze che sono stati a lungo invisibili e trascurati nel proprio mondo interiore. Se prima ci si sentiva forti, magari anche invincibili, ora non è più così e non c’è altra scelta: devo chiedere sostegno.
Fidarsi e affidarsi nella psicoterapia
In quest’ottica, l’attacco di panico assume una nuova luce: è una richiesta, seppur drammatica, di relazione e di sicurezza. L’attacco di panico sopraggiunge per dirci qualcosa, per parlarci di noi, dei nostri vuoti affettivi, delle nostre paure e delle nostre incertezze. Giunge per chiederci di ricostruire un senso di appartenenza e di tornare a essere integri.
La psicoterapia interviene allora per aiutare la persona a dare un senso a quel sintomo così assurdo e apparentemente senza senso. Progressivamente con la psicoterapia si apprende ad ascoltare le proprie parti ammaccate, ad affidarsi in un modo nuovo e più funzionale all’altro e migliorare la relazione con il mondo esterno. La psicoterapia ci riporta a essere alleati di noi stessi, in un modo più stabile e autenticamente forte. Riemergono il senso di dignità, libertà e autonomia, che sono fondamentali per stare bene con se stessi.